Leibniz: riassunto. La monade un mondo di mondi.

Presupposti del pensiero di Leibniz:

Necessità, libertà

Il concetto dominate tutta la filosofia di Leibniz è che esiste un ordine geometricamente determinato e quindi non necessario, ma al contrario spontaneamente organizzato e quindi libero.Leibniz

Il pensiero di Leibniz si discosta dunque da quello spinoziano per il fatto che rifiuta l’idea di un ordine necessario e univoco. Al contrario  viene introdotta l’idea che l’ordine possa includere una scelta e quindi un’atto di volontà. Per lo stesso Spinoza al contrario lo stesso Dio era costretto dalle leggi della propria natura. Non creava il mondo secondo volontà o scelta, ma come condizione stessa della propria natura.

Doppia visione del mondo 

L’altra caratteristica fondamentale del pensiero di Leibniz è il tentativo di mediare la visione del mondo matematico-scientifica con quella  metafisica. Occorre dunque mediare un spiegazione tramite leggi, che indaga sulla sola causa efficiente (Galileo), con una che procede dalle cause prime ed è incentrata sul concetto di sostanza.  Le due visioni sono definisce rispettivamente con l’espressione di filosofia nuova e filosofia perenne.

Il sapere filosofico deve riuscire a rintracciare gli elementi ultimi della realtà. Il sapere scientifico non va oltre i fenomeni, che sono quantificabili e studiabili secondo leggi. Mentre dal punto di vista scientifico tutto è concatenato secondo un ordine necessario, dal punto di vista filosofico questo stesso ordine è frutto di una scelta, e precisamente quella del creatore: tra tutti i mondi possibili ha scelto di creare proprio questo.

Verità di ragione e verità di fatto:

In corrispondenza alla divisione tra visione scientifica e visione metafisica del mondo, Leibniz distingue tra verità di ragione e verità di fatto. La necessità infatti è intesa come definizione di ciò che è e non potrebbe essere diverso da com’è. Appartiene dune al regno della logica e alla realtà del mondo. Quest’ultimo in quanto è (esiste), è la realizzazione di una delle infinite possibilità. Essa costituisce perciò un ordine non necessario, ma contingente.

Mentre le verità di ragione sono soggette al principio di non-contraddizione. Le verità di fatto sottostanno al principio di ragion sufficiente. Nel primo caso infatti una cosa “è o non-è”, è vera o è falsa, nel secondo caso invece le cose sono, ma avrebbero anche potuto non essere. “Nulla si verifica senza una ragion sufficiente, cioè senza che sia possibile,a colui che conosca sufficientemente le cose, di dare una ragione che basti a spiegare perché è così e non altrimenti”.

La ragione e i giudizio analitici apriori

Le verità di ragione sono perciò necessarie, ma non dicono nulla sulle cose che sono. Esse si limitano ad analizzare il concetto (es. triangolo), ridurlo ai suoi elementi primi (es. ha tre lati) e legare successivamente il concetto alle sue proprietà fondamentali, contenute nel concetto stesso (es. il triangolo ha tre lati). La ragione formula GIUDIZI ANALITICI APRIORI (a priori perché non hanno bisogno dell’esperienza) necessari ma che non dicono nulla sulla realtà.

I fatti e i giudizi sintetici a posteriori

Le verità di fatto, invece, sono quelle che partendo dall’esistente, concernono la realtà effettiva. Le verità di fatto aggiungono al qualcosa di nuovo al concetto stesso della cosa (es. questo  triangolo è sul tavolo). Sono perciò sintetici e a posteriori (tratti dall’esperienza). I GIUDIZI SINTETICI A POSTERIORI ampliano la nostra conoscenza in quanto aggiungono qualcosa di nuovo al concetto. Tuttavia su questi ultimi non grava la condizione necessaria del principio di non contraddizione. Su di essi non abbiamo certezza universale.

Il discorso sulla metafisica 

Mentre nelle verità di ragione il soggetto è il predicato sono identici (es.: “il tri-angolo ha tre angoli”) nelle verità di fatto l predicato non è identico al soggetto. Per questa ragione che può essere negato. Mentre infatti non posso dire che il triangolo non ha tre angoli, posso dire che il triangolo è sul tavolo, ma anche che non è sul tavolo. Tuttavia il è soggetto deve contenere la ragion sufficiente del suo predicato. Es. “é sufficiente che il triangolo occupi un estensione per essere possibile, ma non necessario, che stia sopra un tavolo”. Un simile soggetto tuttavia non può essere un’entità puramente logica, ma deve sussistere realmente. Deve essere vale a dire una sostanza individuale.

L’idea di sostanza

La sostanza individuale, al contrario del concetto di una cosa, non ha solo le cause necessarie del suo essere, ma anche la ragion sufficiente del suo esistere. Essa è una nozione così compiuta da essere bastante a rendere possibile la deduzione di tutti i predicati cui essa è attribuita. Per esempio nella nozione individuale di Alessandro Magno c’era già la ragion sufficiente delle sue azioni (la vittoria contro Dario e Poro ecc.), non ché l’evento stesso della sua morte (avvelenato).

L’uomo in quanto non ha una nozione compiuta della sostanza individuale è costretto a desumere dall’esperienza o dalla storia gli attributi che le si riferiscono. Dio invece, giacché in ogni sostanza è in grado di scorgere la ragion sufficiente di tutti i suoi predicati, conosce la condizione stesso di tutti gli eventi, passati presenti e futuri. I due elementi, soggetto e predicato, non potrebbero essere legati nella realtà l’un l’altro se ciò non fosse previsto dalla natura stessa del concetto. In ogni sostanza individuale sono già comprese tutte le azioni o eventi allo stato virtuale.

La logicizzazione dell’esperienza:

L’esperienza, ovvero le cose che accadono, sono dunque il dispiegamento di possibilità contenute già come ragion sufficiente nella sostanza individuale. Gli eventi sono quindi concatenazioni che non risultano da un rapporto di necessità, ma da realizzazioni concrete di possibilità.

Per Leibniz dunque la logica si configura dunque come una scienza combinatoria. Date tutte le sostanze individuali e tutte le loro possibili realizzazioni, il combinarsi tra loro dà luogo ad eventi unisci e irripetibili, ma tuttavia prevedibili. Tutti gli avvenimenti sono dunque accaduti per il combinarsi di condizioni che avrebbero potuto essere previste. Questo collegandosi opportunamente alle condizioni possibili contenute nella sostanza individuale stessa. Così come un numero può essere scomposto nei suoi fattori primi, allo stesso modo, i concetti complessi possono essere scomposti in parti semplici. Un giudizio è vero quando soggetto e predicato hanno un fatto in comune.

LA METAFISICA

Per Leibniz la “natura non fa mai salti. Per conseguenza la natura non può essere composta da elementi non ulteriormente divisibili. Ed egli vede come l’elemento originario la forza. La forza rappresenta la capacità di produrre un determinato effetto, per esempio il sollevamento di un peso, ESSA e’ LA VERA REALTA’ DEI CORPI. Esiste una forza passiva che costituisce la massa di un corpo ed una forza attivà che la tendenza all’azione (vicina all’entelechia aristotelica). La stessa massa materiale, ridotta a forza passiva, non ha più nulla di corporeo.

Le monadi:

I centri di forza (monadi) non sono una parte del tutto, ma un tutto in sé. il concetto di forza elaborato in fisica nel tentativo si il movimento delle cose, si trasmuta dunque in entità metafisica: la monade.

La monade è un atomo spirituale, una sostanza semplice, senza parti e quindi priva di estensione. E’ una sorta di “punto metafisico” insomma. Ogni monade è però diversa dall’altra. Sono dotate inoltre  di 1) percezione, 2) appetito e 3) appercezione.

Tutte le monadi sono dotate di attività rappresentativa, ma non tutte le monadi appercepiscono.

Non tutte le monadi sono dunque consapevoli di percepire. L’appercezione è infatti il tendere da una rappresentazione all’altra. Più alto è il livello dell’appercezione, ovvero, di consapevolezza della loro attività e più la monade è di livello superiore. Anche nelle monadi più evolute, tuttavia, resta un piano di rappresentazione non consapevole presente in uno stato inconscio. Dio infine è la monade suprema che  invece ha in sé la somma consapevolezza.

Ogni monade rappresenta le altre monadi

Ogni monade rappresenta l’intero universo: è un microcosmo. Il principio dell’identità degli indiscernibili è un principio ontologico per il quale se c’è modo di distinguere due enti tra due cose, allora sono in verità una sola. Se tutte le monadi rappresentano l’interno universo cosa le distingua allora l’una dall’altra?  Sulla scorta del principio di identità degli indiscernibili non può esistere infatti una monade uguale all’altra. Esse si differenziano allora sulla base del grado di appercezione. In questa gerarchia alla base ci sono le monadi dotate solo di percezione e al vertice ancora una volta Dio (massima appercezione). Tra Dio e le monadi infime ci sono infiniti gradi di appercezione (la natura non fa salti).

Le monadi sono enti semplici  ma entrano a costituire le realtà composte. Sono immateriali, non occupano un estensione.

Se avessero estensione infatti sarebbero divisibili all’infinito e non costituirebbero più gli elementi ultimi della realtà. Tutto ciò che esiste non è una semplice aggiunta di parti, ma in ogni composto v’è una monade dominante che costituisce il principio organizzatore di quel composto. Le cose che esistono, inoltre, non sono formate da un solo aggregato di monadi, ma da diversi sistemi. Ogni sistema ha una monade dominante. L’essere, materia seconda, è quindi formato da diversi composti. La materia prima è invece la potenza passiva che è nella monade stessa e che la costituisce insieme alla forza attiva o entelechia.

.Le monadi “non hanno finestre”. Ogni monade è chiusa, ovvero, non ha relazioni con le altre e non subisce le azioni delle altre. Le monadi hanno una reciproca autonomia e una teleologia interna.

I RAPPORTI FRA LE MONADI.

Se le cose sono degli aggregati di monadi in modo tale che esista una monade dominante, in generale, come si svolge l’attività rappresentativa delle singole monadi. come si rapportano le une alle altre?

La monade per Leibniz ha una teleologia intrinseca, ovvero, un fine prestabilito, che proviene da essa stessa. Non subisce nel suo atto nessun influsso esterno. Il legame ideale di tutte le monadi è Dio. Egli è l’unità da cui derivano tutte le altre monadi. Quando Dio ha creato le monadi ha immesso in loro determinate possibilità. Lo sviluppo interno di ogni monade è stato preordinato, nell’atto della creazione. E’ stato disposto in modo che le mutazioni di ogni monade corrispondano fra loro (siano simultanee e complementari). Siano inoltre sincronizzate con lo sviluppo delle altre monadi. Leibniz paragona l’esistente a degli orologi (le monadi), costruiti con ingranaggi diversi, ma che segnano tutte contemporaneamente la stessa ora. Questo è il concetto dell‘armonia prestabilita.

Tale concetto spiega anche il rapporto tra il corpo e l’anima

Il corpo seguendo leggi meccaniche e l’anima seguendo la legge della propria interna spontaneità si ritrovano ogni istante in armonia, prestabilita da Dio. Il corpo è perciò una sorta di automa naturale le cui manifestazioni non sono per nulla influenzate dagli atti spirituali e viceversa. E’ solo per l’armonia prestabilita che nell’anima del cane entra il dolore quando il suo corpo è ferito. L’anima si sviluppa al suo interno, essa è una specie di sogno ben congegnato nella quale le percezioni si seguono in virtù di una legge che è scritta nella natura stessa della monade e che Dio ha stabilito nell’atto della sua creazione. L’anima è un automa immateriale.

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